7 dicembre 2019

Cass. Civ., Sez. III, 22/11/19, n. 30520

"In tema di condizione di procedibilità relativa all'esperimento della mediazione D. Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, il riferimento della norma ai contratti "bancari e finanziari" contiene un chiaro richiamo, non altrimenti alterabile, alla disciplina dei contratti bancari contenuta nel codice civile e nel TUB (D. Lgs. n. 385 del 1993), nonché alla contrattualistica involgente gli strumenti finanziari di cui al TUF (D. Lgs. n. 58 del 1998), sicché non è estensibile alla diversa ipotesi del leasing immobiliare, anche se, nelle varie forme, allo stesso sono coessenziali finalità di finanziamento, specificamente funzionali, però, all'acquisto ovvero alla utilizzazione dello specifico bene coinvolto (Cass. 15200/2018)".


Svolgimento del processo

La società ricorrente godeva di un leasing immobiliare, quanto ad alcuni locali che Unicredit leasing le aveva concesso in godimento.
Unicredit ha agito verso la società ricorrente per la risoluzione per inadempimento di tale contratto di leasing con ricorso per procedimento sommario ex art. 702 c.p.c., facendo valere una clausola risolutiva espressa.
La società si è costituita, eccependo l'irritualità della procedura e, nel merito, la non gravità dell'inadempimento.
Il giudice di primo grado ha accolto la domanda, e tale decisione è stata integralmente confermata in appello.
Ricorre la società con tre motivi. V'è controricorso di Unicredit, nonché memorie di entrambe le parti.

Motivi della decisione

1.- La sentenza impugnata conferma la decisione di primo grado, quanto alla non applicabilità alle controversie come quella in oggetto del tentativo obbligatorio di conciliazione previsto a pena di improcedibilità per le controversie in materia di operazioni bancarie e finanziarie.
Nel merito, ha ritenuto risolto di diritto il contratto, essendosi la Unicredit avvalsa della clausola risolutiva espressa.
2.- La società Star srl, già concessionaria del bene immobile, ricorre con tre motivi.
I primi due possono esaminarsi congiuntamente, in quanto il primo lamenta violazione della L. n. 28 del 2010, art. 5, mentre il secondo lamenta violazione dell'art. 1936 c.c..
Secondo la ricorrente il tentativo di conciliazione previsto dall'art. 5 sopra citato per le controversie relative ai contratti assicurativi, bancari e finanziari, si applica anche ai contratti di leasing immobiliare, con la conseguenza che, non essendo invece stato esperito, rende improcedibile la domanda.
La corte di appello, non avendo rilevato tale improcedibilità sarebbe incorsa nella violazione di legge suddetta, e ciò a maggior ragione in quanto ha scambiato il contratto in questione (leasing immobiliare) con un contratto di fideiussione, censura questa fatta valere con il secondo motivo di ricorso.
I motivi, connessi l'un l'altro, sono infondati.
Invero, in tema di condizione di procedibilità relativa all'esperimento della mediazione D. Lgs. n. 28 del 2010, ex art. 5, il riferimento della norma ai contratti "bancari e finanziari" contiene un chiaro richiamo, non altrimenti alterabile, alla disciplina dei contratti bancari contenuta nel codice civile e nel TUB (D. Lgs. n. 385 del 1993), nonché alla contrattualistica involgente gli strumenti finanziari di cui al TUF (D. Lgs. n. 58 del 1998), sicché non è estensibile alla diversa ipotesi del leasing immobiliare, anche se, nelle varie forme, allo stesso sono coessenziali finalità di finanziamento, specificamente funzionali, però, all'acquisto ovvero alla utilizzazione dello specifico bene coinvolto (Cass. 15200/2018).
Resta assorbito il secondo motivo, che può valere al più ad indurre una correzione della motivazione, laddove anziché riferirsi al contratto di leasing si riferisce al contratto di fideiussione. Ma si evince dal resto della motivazione che la corte di merito si sta occupando di un contratto di leasing per l'appunto e non di fideiussione.
3.- Con il terzo motivo si lamenta omesso esame di un fatto controverso e decisivo, ossia quello relativo alla gravità dell'inadempimento, che la corte avrebbe dovuto esaminare e giudicare prima di dichiarare risolto il contratto, e che invece non ha valutato.
Il motivo è inammissibile, ed altresì infondato.
E' inammissibile perché il ricorrente non dichiara affatto di avere posto la questione espressamente, ossia di avere sollevato l'eccezione di non gravità dell'inadempimento; ed anzi, sembrerebbe il contrario dalla motivazione della sentenza, la quale riferisce come unica doglianza la contestazione che la lettera mandata da Unicredit potesse valere come risoluzione di diritto.
Nel merito va considerato che Unicredit si è avvalsa della clausola risolutiva espressa che, come è noto, predetermina la rilevanza dell'inadempimento. Essendo dunque un caso di risoluzione di diritto, non v'era da occuparsi della gravità dell'inadempimento, bensì dell'effettivo operare della risoluzione, per via della manifestazione della parte adempiente. E di tale aspetto la corte si è occupata.
Il ricorso va pertanto rigettato, e le spese poste a carico di parte ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in complessive 6800,00 Euro, oltre 200,00 Euro per spese generali. Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento del doppio del contributo unificato.