19 febbraio 2008

Cass. civ. Sez. III, 19/02/2008, n. 4235

"il D.Lgs. n. 626 del 1994,art. 6, comma 2, come novellato dal D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242, art. 4, non vieta più la locazione finanziaria di macchine, attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alla legislazione vigente (come era invece previsto prima della novella), ma si limita a stabilire che chiunque concede in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle previste certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge"

Svolgimento del processo

Nell'impugnata decisione lo svolgimento del processo è esposto come segue.

Con citazione notificata in data 5/12/1999 la S.n.c. Futurmech evocava in giudizio la S.p.a. Locat davanti al Tribunale di Torino, ed esponeva che nell'aprile del 1997 aveva chiesto la fornitura - tramite la M.Z. Macchine s.r.l. - di un tornio Menti Modello 250 nuovo, a controllo digitale, di costruzione della ditta Menti S.r.l., e che ciò aveva costituito oggetto di un contratto di locazione finanziaria con la società convenuta.

Sosteneva l'attrice che fin dai primi tempi dopo l'installazione il tornio aveva manifestato vari problemi di funzionamento, e che fra l'altro era stata riscontrata l'anomala emissione, da parte del macchinario, di onde elettromagnetiche; che, nonostante i tentativi di riparazione, il tornio si era rivelato pericoloso per gli addetti; che, infine, l'autorità amministrativa aveva ritenuto il tornio non conforme alle norme di prevenzione ed infortunio e che aveva proceduto al sequestro della macchina.

In conseguenza di ciò l'attrice aveva sospeso i pagamenti, invocando il D.Lgs. n. 615 del 1996, art. 6 ed ilD.Lgs. n. 626 del 1994, nonchè il D.Lgs. n. 115 del 1995; sosteneva dunque che la Locat aveva agito senza prendere le cautele necessarie e senza informare l'utilizzatore della pericolosità della macchina; osservava che il comportamento della Locat costituiva palese ed evidente violazione delle più elementari norme generali in tema di adempimento contrattuale e che si era in presenza di un fatto tale da provocare la risoluzione del contratto per inadempimento ovvero costituente causa di risoluzione per impossibilità sopravvenuta della prestazione. Infine, sosteneva l'attrice che la Locat, tramite il procuratore in loco, in occasione di un incontro presso io studio legale del procuratore di essa attrice aveva a fronte di ciò accettato di sospendere i pagamenti delle rate a scadere dichiarando la propria disponibilità di concordare un rientro dello scoperto qualora fosse intervenuto un sequestro del macchinario da parte delle autorità competenti, come in effetti era accaduto.

Concludeva dunque l'attrice chiedendo la declaratoria di nullità del contratto intercorso con Locat, e che fossero dichiarate non dovute le rate residue, scadute e non pagate, nonchè quelle a scadere, con condanna della Locat alla restituzione di tutte le somme versatele.

La Locat, costituitasi in causa, sosteneva che il proprio compito era soltanto quello di accertarsi che i beni concessi in locazione finanziaria fossero accompagnati dal certificato di conformità, il che era avvenuto nel caso di specie; negava, pertanto, che da parte sua fosse intervenuto un qualche inadempimento ed assumeva che delle eventuali irregolarità del bene avrebbe dovuto rispondere il fornitore.

Concludeva dunque la convenuta sostenendo la perfetta regolarità del contratto e che la domanda attrice fosse rigettata, con condanna della Futurmech al pagamento, in proprio favore, dei canoni scaduti e maturati e di quelli a scadere.

Ammessa ed assunta prova testimoniale dedotta da parte attrice, con sentenza 14/12/2001 - 15/3/2002 il Tribunale decideva la causa, rigettando la domanda di declaratoria di nullità del contratto, dichiarando la risoluzione del contratto stesso per impossibilità sopravvenuta della prestazione e condannando la società convenuta a restituire all'attrice la somma ricevuta di Euro 17.243,13, oltre interessi. Le spese del giudizio venivano interamente compensate fra le parti.

Scaturiva tale decisione dalla ritenuta applicabilità al caso di specie del D.Lgs. n. 242 del 1996 art. 6 e della conseguente limitazione della responsabilità del locatore finanziario in riguardo a beni assoggettati a forme di certificazione, della sola presenza di tale certificazione, con la conseguente esclusione della nullità del contratto nel caso di specie, ove la richiesta certificazione era presente; viceversa, dalla ritenuta fondatezza della domanda attorea di risoluzione, sub specie di impossibilità sopravvenuta della prestazione dedotta in contratto, a seguito del sequestro del macchinario; dal ritenuto raggiungimento in causa della prova dell'impegno, assunto dal rappresentante di Locat o comunque da chi tale poteva apparire agli occhi della Futurmech, di non chiedere alcunchè per il futuro, e di restituire quanto percepito, nel caso in cui il macchinario in questione fosse poi sottoposto a sequestro, circostanza in effetti verificatasi.

Avverso la sentenza propone appello Locat, sostenendo che la decisione di primo grado è viziata di extra petizione, per non avere l'attrice mai fondato la propria domanda sull'art. 1256 cod. civ., mentre invece proprio su tale norma il Tribunale ha fondato la propria decisione; che anche per quanto concerneva il ritenuto raggiungimento di un accordo fra le parti, nel senso dell'esonero di Futurmech da ogni obbligo nel caso di sequestro del macchinario oggetto del contratto, mancava una domanda dell'attrice, volta a far dichiarare rinunciato il credito che invece Locat richiedeva in via riconvenzionale, con conseguente vizio di extrapetizione anche sotto tale profilo; comunque, che mancava un nesso fra la ritenuta remissione del debito e la pronunciata risoluzione contrattuale; che il primo giudice non aveva correttamente valutato le clausole del contratto, che imponevano all'utilizzatore il pagamento dei canoni, indipendentemente da doglianze riguardanti il bene: clausole che costituivano il fondamento della domanda riconvenzionale che essa Locat aveva proposto.

Le conclusioni sono riportate in epigrafe.

Si è costituita in causa la società appellata, difendendo l'esattezza della decisione impugnata e riproponendo, per il caso di ritenuta fondatezza delle ragioni di gravame, la propria eccezione di nullità del contratto ...".

Con sentenza 29.10 - 3.12.2003 la Corte d'Appello di Torino provvedeva come segue: "... definitivamente decidendo nei contraddittorio delle parti e disattesa ogni diversa istanza, eccezione e deduzione; in riforma dell'impugnata sentenza, dichiara la nullità del contratto di locazione finanziaria, concluso fra le parti in causa ed identificato dal numero di riferimento 164805/C5040/97; elimina la pronuncia di risoluzione dello stesso contratto per impossibilità sopravvenuta; conferma nel resto, sostituita la motivazione con quanto sopra esposto; condanna parte appellante a rifondere a parte appellata il 50% delle spese processuali sostenute nel presente grado di giudizio, 50% che liquida in Euro 1.500,00 per diritti ed onorari, oltre successive occorrende, ed oltre CPA ed IVA se non detraibile dalla parte vittoriosa; dichiara compensate fra le parti le residue spese....".

Contro questa decisione ha proposto ricorso per cassazione la LOCAT s.p.a..

Ha resistito con controricorso ed ha proposto ricorso incidentale la FUTURMECH s.n.c..

La FUTURMECH s.n.c. ha anche depositato memoria.

Motivi della decisione

Anzitutto va disposta la riunione dei ricorsi.

I due motivi del ricorso principale vanno esaminati insieme in quanto connessi.

La LOCAT s.p.a., con il primo motivo denuncia "Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, art. 6, in relazione all'art. 1418 c.c." esponendo le seguenti doglianze. Il motivo per il quale la Corte d'Appello ha ritenuto di confermare sostanzialmente la decisione del Giudice di prime cure riguardante la risoluzione del contratto di locazione finanziaria, con conseguente condanna in capo a LOCAT alla restituzione dei canoni percetti e correlativa reiezione della sua domanda riconvenzionale, avanzata in primo grado, si fonda unicamente sull'asserito accertamento d'ufficio - così come consentito dall'art. 1418 C.C. - della nullità del contratto per violazione di norme imperative. La normativa asseritamente violata sarebbe quella portata dal D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626, pur modificato dal D.Lgs. 16 marzo 1996, n. 242.

Secondo la Corte d'Appello non può essere condiviso il principio che distingue le responsabilità del costruttore, del venditore, dei noleggiatore o del concedente in uso di macchine da quella della società finanziaria concedente tali macchine in leasing; tale distinzione sarebbe in concreto irrilevante a fronte di una accertata inidoneità del bene a rientrare nei parametri previsti dal citato D.Lgs. n. 626 del 1994. Con la nullità anche del contratto di leasing, per illiceità del bene che ne forma, oggetto, verrebbero perciò a cadere le rispettive obbligazioni. Invece la nuova formulazione del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 6 è stata dal Legislatore stesso voluta al fine di tutelare il soggetto (società di leasing) estraneo sotto ogni profilo alle modalità di creazione e messa in circolazione del bene e nell'impossibilità di compiere valutazioni tecniche dei beni destinati alla concessione in locazione finanziaria. Essa assume l'obbligazione, essenziale e precipua, di finanziamento, erogato il quale ha adempiuto alle obbligazioni contrattuali facentile capo, cui il Legislatore ha aggiunto, con norma cogente ma mitigativa rispetto a quella riguardante gli altri soggetti interessati, l'obbligo di acquisizione, e non di certificazione, della conformità dell'impianto alla normativa antinfortunistica imposta dal citato D.Lgs. n. 626 del 1994.

Con il secondo motivo la ricorrente principale denuncia "Violazione e falsa applicazione degli artt 1277, 1322, 1362, 1363, 1367, 1372, 1382 c.c. e D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, art. 106;

Contraddittoria e insufficiente motivazione della sentenza" esponendo le seguenti doglianze. Con le formalità di acquisto ed il successivo pagamento del prezzo al fornitore la LOCAT s.p.a. ha integralmente ottemperato alle obbligazioni assunte quale concedente nei confronti di FUTURMECH, potendo di conseguenza legittimamente esigere le controprestazioni ivi previste a carico dell'utilizzatore, stante la piena validità ed efficacia del contratto. Tale affermazione è confortata altresì dall'esistenza del verbale di constatazione e presa in consegna sottoscritto dal responsabile della FUTURMECH, nel quale si da atto sia della coincidenza del bene con l'ordine, sia dell'avvenuta consegna dal fornitore all'utilizzatore "della dichiarazione di conformità alle Direttive Comunitarie applicabili al bene fornito, targa CE, manuale d'uso e manutenzione in lingua italiana". Peraltro manca in assoluto qualsiasi prova della inalienabilità del bene per violazione delle disposizioni di cui alD.Lgs. n. 626 del 1994, essendo tuttora pendente avanti il Tribunale di Vicenza il giudizio R.G. 516/2000 radicato nei confronti del fornitore M.Z. MACCHINE S.r.l. da parte dell'utilizzatore FUTURMECH S.n.c., a ciò facoltizzato dalla clausola n. 10) del contratto di leasing, richiamata espressamente ex artt. 1341 e 1342 c.c., clausola correlata a quella sub n. 7) dell'ordine di acquisto inoltrato da LOCAT al fornitore stesso, che gli impone di riconoscere la legittimazione attiva dell'utilizzatore. In forza del contratto, il titolo in base al quale la LOCAT S.p.A. ha diritto di pretendere il pagamento dei canoni di locazione finanziaria (e, ovviamente, a ritenere quelli da percetti) si fonda sulla circostanza - non contestata in causa - che la stessa LOCAT ha corrisposto al fornitore il prezzo del bene nella misura pattuita ed accettata dall'utilizzatore, con conseguente esposizione finanziaria del capitale erogato. Nel caso di specie in particolare, l'art. 8) del contratto di leasing, richiamato espressamente ex artt. 1341 e 1342 C.C. prevede testualmente che l'utilizzatore assuma "a suo esclusivo carico ogni spesa contestazione danno responsabilità o controversia concernente il bene o il suo uso, da qualsiasi causa derivanti". In via esemplificativa è prevista. Va mancata rispondenza del bene alla normativa antinfortunista di cui al D.Lgs. n. 626 del 1994 o mancata od inesatta documentazione di tale rispondenza che determini risoluzione del contratto di acquisto tra concedente e fornitore o mancato utilizzo del bene". La giurisprudenza della Suprema Corte ha confermato la legittimità della traslazione del rischio dall'acquirente-concedente all'utilizzatore, con la connessa piena validità ed efficacia delle clausole che prevedono sia l'obbligo di risarcimento e manleva della società proprietaria, sia il rapporto diretto dell'utilizzatore con i terzi (compreso il fornitore), sia infine la cogenza del pagamento dei canoni anche in presenza di inadempienze, vere o ipotizzate, attribuibili al fornitore.

Il ricorso principale appare fondato nella sua parte essenziale.

E' infatti certamente errata la tesi secondo cui va affermata "... la legittimità della traslazione del rischio dall'acquirente-concedente all'utilizzatore ...".

Detta tesi è stata infatti superata dalla più recente giurisprudenza di questa Corte, la quale, nella sentenza n. 10926 del 02/11/1998 ha enunciato il seguente principio di diritto (che non riguarda una situazione identica a quella in esame nella presente causa, ma implica chiaramente l'inaccoglibilità - in linea generale - della tesi della ricorrente) "Nell'operazione di leasing finanziario, che non da luogo ad un unico contratto plurilaterale, ma realizza una figura di collegamento negoziale tra contratto di leasing e contratto di fornitura, se il concedente imputa all'utilizzatore l'inadempimento costituito dalla sospensione del pagamento dei canoni e su questa base chiede la risoluzione del contratto e il risarcimento del danno nell'ammontare convenzionalmente predeterminato e se l'utilizzatore eccepisce l'inadempimento del fornitore all'obbligazione di consegna e chiede perciò il rigetto della domanda, l'accoglimento dell'eccezione, che deve avvenire sulla base dell'art. 1463 cod. civ., non può trovare ostacolo nel fatto che il contratto di leasing contenga una clausola che riversi sull'utilizzatore il rischio della mancata consegna, dovendosi ritenere invalide siffatte clausole. Peraltro, se l'utilizzatore accetta di sottoscrivere senza riserve il verbale di consegna pure a fronte di una consegna incompleta da parte del fornitore (invece di rifiutare la prestazione e far constatare il rifiuto nel relativo verbale), egli pone il concedente nelle condizioni di dover adempiere la S propria obbligazione verso il fornitore, ma non gli può essere allora consentito di opporre al concedente che la consegna non è stata completa nè di fondare su ciò il diritto di sospendere il pagamento dei canoni"; v. le successive conformi: Cass. Sentenza n. 11669 del 19/11/1998; Cass. Sentenza n. 10032 del 25/05/2004; Cass. Sentenza n. 14786 del 02/08/2004).

E' opportuno aggiungere che nella motivazione della predetta Sentenza n. 10926 del 1998 questa Corte Suprema ha esposto le seguenti considerazioni (che vanno in questa sede ribadite): "... L'operazione di leasing finanziario -secondo una valutazione che può considerarsi comune alla dottrina ed alla giurisprudenza prevalenti - non da luogo ad un unico contratto plurilaterale, ma consta di due contratti.

Il contratto di leasing e quello di fornitura realizzano una figura di collegamento negoziale.

Questo collegamento, consistente in ciò che il contratto di fornitura, nel complesso dell'operazione, ha la funzione di mezzo per l'esecuzione di quello di leasing, risulta da più indici: la struttura del procedimento di formazione negoziale, in cui intervengono in varia sequenza le tre parti; la sussunzione, a contenuto del contratto di fornitura, di elementi individuati insieme dal fornitore e dall'utilizzatore; la circostanza che i contratti, di fornitura come di leasing, esplicitino, per solito, come ragione dell'acquisto del bene da parte del concedente sia la sua concessione in godimento all'utilizzatore che lo ha scelto; la previsione, contenuta nel contratto di fornitura, che la consegna del bene dovrà farsi dal fornitore direttamente all'utilizzatore. A questi dati deve aggiungersi quello - che pure può ritenersi acquisito alla giurisprudenza ed alla prevalente dottrina - per cui il contratto di leasing non è un contratto di credito, ma un contratto di scambio, perchè la prestazione del concedente a favore dell'utilizzatore e la controprestazione di questo non si esauriscono nel fare credito e restituirlo, constano bensì quantomeno anche nel dare e ricevere in godimento.

Donde poi la natura di contratto a prestazioni corrispettive che il contratto di leasing assume, perchè l'obbligazione di pagamento del canone da parte dell'utilizzatore costituisce il corrispettivo del godimento del valore d'uso del bene che il concedente ha dal canto suo l'obbligazione di procurargli, mentre è nella commisurazione del costo complessivo dell'operazione per l'utilizzatore che trova compenso l'anticipazione fatta dal concedente attraverso l'acquisto del bene presso il fornitore. Ed allora può ben ripetersi - con la sentenza 2 agosto 1995 n. 8464 - "che l'acquisto rappresenta, nella correlazione tra i due contratti, un atto giuridico strumentale rispetto alla concessione in godimento del bene, mancando la quale per il tempo stabilito, l'interesse primario resta deluso ed il sinallagma in tutto o in parte inattuato".

La conseguenza ne è che all'inadempimento del fornitore deve assegnarsi, rispetto al contratto di leasing, il ruolo di una causa di sopravvenuta impossibilità d'adempiere non dipendente da colpa del concedente ( art. 1463 cod. civ.), perchè, secondo il collegamento che per volontà delle parti è instaurato tra i due contratti, la realizzazione della causa del contratto di leasing è attesa dall'adempimento delle obbligazioni che al fornitore derivano dal contratto di compravendita che è stato o sarà con lui concluso dal concedente.

Si ripresenta quindi il problema della derogabilità della norma contenuta nell'art. 1463 cod. civ. e dei limiti in cui è possibile riconoscere validità alle clausole di inversione del rischio.

L'entrata in vigore della L. 6 febbraio 1996, n. 52 e l'introduzione degli artt. 1469 - bis e ss. cod. civ. comporterà, di qui in poi, nel caso di contratti di leasing conclusi dal concedente con consumatori e non con professionisti la necessità di valutare la natura eventualmente abusiva di simili clausole.

E però, al di là di questo pur necessario avvertimento, la soluzione attinta dalla sentenza 2 agosto 1995 n. 8464, circa la validità di clausole di inversione del rischio in rapporto all'inadempimento da mancata consegna non appare convincente.

Consentire che il concedente, concluso il contratto di fornitura, possa pagare il prezzo anche indipendentemente dalla consegna da parte del fornitore e poi ottenere dall'utilizzatore quanto questi sarebbe stato tenuto a corrispondere ove avesse goduto del bene, non appare giustificabile nè in rapporto alla causa del contratto di leasing finanziario nè in rapporto al dovere di esecuzione del contratto secondo buonafede ( art. 1375 cod. civ.). Si deve in primo luogo considerare come in tal modo il contratto di leasing da contratto di scambio venga a risultare nella sostanza tramutato in contratto di credito: ciò perchè il concedente è autorizzato ad un comportamento, che vale a soddisfare non già anche l'interesse del l'utilizzatore al godimento del bene, ma solo il suo interesse all'impiego del danaro, impiego la cui remunerazione resta comunque realizzabile attraverso l'esecuzione del contratto imposta all'utilizzatore. Va considerato, in secondo luogo, che, nel contratto di compravendita, la regola è che il pagamento debba avvenire al momento della consegna ( art. 1498 cod. civ., comma 2) e non prima, mentre la previsione di un pagamento posticipato non sarebbe in grado di incidere in modo sostanziale sulla posizione del fornitore, trovando questi nell'interesse del concedente all'impiego dei propri fondi una sicura garanzia di riscuotere il prezzo a consegna avvenuta ...".

Assodato che per la parte sopra citata il contenuto del ricorso non può essere condiviso, va rilevato che nella fattispecie va in effetti applicata la particolare normativa citata dalla parte ricorrente e che il nucleo essenziale del ricorso medesimo, concernente l'interpretazione del suddetto art. 6, va invece accolto.

Sembra opportuno ricordare che il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 6, commi 1 e 2, così recitava:

"Art. 6. (Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli installatori).

1. I progettisti dei luoghi o posti di lavoro e degli impianti rispettano i principi generali di prevenzione in materia di sicurezza e di salute al momento delle scelte progettuali e tecniche e scelgono macchine nonchè dispositivi di protezione rispondenti ai requisiti essenziali di sicurezza previsti nella legislazione vigente.

2. Sono vietati la vendita, il noleggio, la concessione in uso e la locazione finanziaria di macchine, attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alla legislazione vigente"'.

Il DECRETO LEGISLATIVO 19 marzo 1996 n. 242 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 maggio 1996 n. 104 - S.O. n. 75) e recante "MODIFICHE ED INTEGRAZIONI AL DECRETO LEGISLATIVO 19 SETTEMBRE 1994, N. 626, RECANTE ATTUAZIONE DI DIRETTIVE COMUNITARIE RIGUARDANTI IL MIGLIORAMENTO DELLA SICUREZZA E DELLA SALUTE DEI LAVORATORI SUL LUOGO DI LAVORO", all'art. 4 ("Obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli installatori") ha stabilito quanto segue:

"1. Al D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 6, comma 1, le parole:

"legislazione vigente" sono sostituite dalle seguenti parole:

"disposizioni legislative e regolamentari vigenti". 2. Il D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 6, comma 2, è sostituito dal seguente:

"2. Sono vietati la fabbricazione, la vendita, il noleggio e la concessione in uso di macchine, di attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia di sicurezza. Chiunque concede in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle previste certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge.".

Il rilievo da cui è opportuno partire è che nell'originario comma 2 del D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 6, era contenuto un divieto concernente espressamente anche la locazione finanziaria ("2. Sono vietati la vendita, il noleggio, la concessione in uso e la locazione finanziaria di macchine, attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alla legislazione vigente").

Il nuovo comma due di tale art. 6, come novellato dall'art. 4, nel prevedere il corrispondente divieto, non contempla più (oltre alla vendita, al noleggio, alla concessione in uso) anche la locazione finanziaria (l'aggiunta del divieto di fabbricazione ed il richiamo, oltre che delle disposizioni legislative, anche delle disposizioni regolamentari in materia di sicurezza non appaiono rilevanti ai fini della presente questione). Di detto contratto (locazione finanziaria) non si parla dunque più nella frase in questione; ma se ne parla invece nella frase successiva (del tutto nuova rispetto alla precedente norma) per prevedere in relazione al medesimo (e solo a questo) un obbligo (concernente le "previste certificazione) del tutto nuovo rispetto alla normativa non novellata.

Le modalità seguite dal legislatore nell'inserire nella precedente normativa la novella non meno del contenuto della medesima rendono chiaro ed incontestabile il suo intento: egli ha voluto escludere completamente dal divieto predetto (previsto nella prima frase del secondo comma novellato) la locazione finanziaria ed ha invece voluto prevedere per detto contratto solo l'obbligo per esso espressamente dettato ("Chiunque concede in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle previste certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge.").

Va dunque enunciato il seguente principio di diritto: "in tema di locazione finanziaria, il D.Lgs. n. 626 del 1994,art. 6, comma 2, come novellato dal D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242, art. 4, non vieta più la locazione finanziaria di macchine, attrezzature di lavoro e di impianti non rispondenti alla legislazione vigente (come era invece previsto prima della novella), ma si limita a stabilire che chiunque concede in locazione finanziaria beni assoggettati a forme di certificazione o di omologazione obbligatoria è tenuto a che gli stessi siano accompagnati dalle previste certificazioni o dagli altri documenti previsti dalla legge".

La Corte di merito non ha seguito tale principio di diritto (correttamente applicato invece dal Tribunale); la sentenza impugnata va dunque cassata e la causa va rinviata a detta Corte in diversa composizione.

La FUTURMECH s.n.c., con l'unico motivo di ricorso incidentale, denuncia "Violazione e falsa applicazionedell'art. 112 c.p.c." esponendo le seguenti doglianze. Afferma la sentenza impugnata (pag.

8) "Futurmech ha qualificato in via del tutto eventuale la propria domanda come relativa anche all'ipotesi di impossibilità sopravvenuta solo in comparsa conclusionale, ma i dati obbiettivi della domanda proposta e dagli elementi sui quali era fondata, deponevano tutti nel senso di una domanda di risoluzione per inadempimento. Cosicchè è fondata la doglianza dell'appellante, sulla violazione da parte del primo Giudice, della corrispondenza fra chiesto e pronunciato". Quanto enunciato non corrisponde alla verità processuale. Infatti, nelle premesse dell'atto di citazione (a pag.

8) si precisava: "Tale condizione (mancata utilizzazione) costituisce una palese ed evidente violazione delle più, elementari norme generali in tema di inadempimento contrattuale che giustificherebbe una richiesta di risoluzione del contratto di leasing per inadempimento ... ovvero potrebbe costituire causa di risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta ai sensi e per gli effetti di cui agli artt. 1256 e segg. c.c.". Nelle conclusioni formulate in atto di citazione (al punto 4) si chiedeva "La risoluzione del contratto di locazione finanziaria per le ragioni esposte nelle premesse". Sul punto la Locat aveva avuto modo di contraddire e non si può sostenere che è violato il principio di cui all'art. 112 c.p.c..

I rilievi in fatto ed in diritto della ricorrente incidentale sono esatti. Infatti l'atto di citazione incontestabilmente conteneva anche la domanda in questione.

Deve pertanto ritenersi sussistente il denunciato vizio nella decisione impugnata nel punto in cui afferma che la sentenza deve essere dichiarata nulla per violazione dell'art. 112 c.p.c..

E' opportuno precisare infine che (anche se alla riga tre di pag. 8 si legge "La prima ratio decidendi è palesemente infondata ..."; v. pure alla fine della pagina stessa) non può ritenersi che la Corte, oltre ad affermare detta nullità ex art. 112 cit., abbia anche sostenuto pure l'infondatezza (nel senso proprio del termine e cioè nel merito) della domanda sia in quanto sul punto non sussiste una vera e (soprattutto) compiuta motivazione sia - e principalmente - in quanto non sussiste una rituale ed effettiva conclusione nel senso predetto; il Giudice di secondo grado in effetti conclude dichiarando "... infondata ..." la "... prima ratio decidendi ..." della sentenza del Tribunale, ma "...per violazione dell'art. 112 c.p.c., laddove ha pronunciato la risoluzione del contratto per impossibilità sopravvenuta della prestazione ..." (v. alla fine di pag. 8 ed all'inizio di pag. 9). In altri termini si deve ritenere che detto Giudice di secondo grado parli di infondatezza per affermare in realtà un'extrapetizione ex art. 112 c.p.c..

Sulla base di quanto sopra esposto la sentenza impugnata va cassata anche in relazione all'accoglimento del ricorso incidentale.

Al Giudice del rinvio (la Corte di Appello di Torino in diversa composizione) va rimessa anche la decisione sulle spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi e li accoglie; cassa l'impugnata decisione e rimette la causa, anche per la decisione sulle spese del giudizio di Cassazione, alla Corte di Appello di Torino in diversa composizione.