Nel caso di risoluzione consensuale del contratto di leasing traslativo, si applicano in via analogica le disposizioni fissate dall'art. 1526 cod. civ. Su tale orientamento non riverbera alcun effetto il nuovo art. 72 quater della legge fallimentare: in primo luogo perché nel caso di specie l'art. 72 quater è stato introdotto diciotto anni dopo la stipula del contratto di leasing, e dodici anni dopo la risoluzione di esso, e la norma dunque, a tutto concedere, mai potrebbe incidere su situazioni esauritesi ben prima della sua entrata in vigore.
In secondo luogo perché in ogni caso l'introduzione nell'ordinamento dell'art. 72 quater l. fall., non consente di ritenere superata la tradizionale distinzione tra leasing finanziario e traslativo: pretendere infatti di ricavare dalla legge fallimentare le regole da applicare in caso di risoluzione del contratto di leasing presupporrebbe che la legge non disciplinasse questa fattispecie. In realtà così non è, perché proprio la presenza dell'art. 1526 c.c. (che è norma generale rispetto all'art. 72 quater) rende impensabile il ricorso all'analogia, per mancanza del suo primo presupposto, cioè la lacuna nell'ordinamento. Inoltre, anche ad ammettere che nell'ordinamento vi fosse una lacuna, essa non potrebbe essere colmata con l'applicazione analogica dell'art. 72 quater l. fall.. Tale norma, infatti, non disciplina la risoluzione del contratto di leasing (art. 1453 c.c.), ma il suo scioglimento quale conseguenza del fallimento dell'utilizzatore. La norma fallimentare è dunque destinata a disciplinare una fattispecie concreta del tutto diversa da quella disciplinata dalla norma sostanziale (ovvero la risoluzione per inadempimento).
Pertanto, mancando la eadem ratio, non è consentito all'interprete il ricorso all'interpretazione analogica.