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16 giugno 2015

Cass. civ. Sez. III, 29/04/2015, n. 8687

Nel caso di risoluzione consensuale del contratto di leasing traslativo, si applicano in via analogica le disposizioni fissate dall'art. 1526 cod. civ. Su tale orientamento non riverbera alcun effetto il nuovo art. 72 quater della legge fallimentare: in primo luogo perché nel caso di specie l'art. 72 quater è stato introdotto diciotto anni dopo la stipula del contratto di leasing, e dodici anni dopo la risoluzione di esso, e la norma dunque, a tutto concedere, mai potrebbe incidere su situazioni esauritesi ben prima della sua entrata in vigore.
In secondo luogo perché in ogni caso l'introduzione nell'ordinamento dell'art. 72 quater l. fall., non consente di ritenere superata la tradizionale distinzione tra leasing finanziario e traslativo: pretendere infatti di ricavare dalla legge fallimentare le regole da applicare in caso di risoluzione del contratto di leasing presupporrebbe che la legge non disciplinasse questa fattispecie. In realtà così non è, perché proprio la presenza dell'art. 1526 c.c. (che è norma generale rispetto all'art. 72 quater) rende impensabile il ricorso all'analogia, per mancanza del suo primo presupposto, cioè la lacuna nell'ordinamento. Inoltre, anche ad ammettere che nell'ordinamento vi fosse una lacuna, essa non potrebbe essere colmata con l'applicazione analogica dell'art. 72 quater l. fall.. Tale norma, infatti, non disciplina la risoluzione del contratto di leasing (art. 1453 c.c.), ma il suo scioglimento quale conseguenza del fallimento dell'utilizzatore. La norma fallimentare è dunque destinata a disciplinare una fattispecie concreta del tutto diversa da quella disciplinata dalla norma sostanziale (ovvero la risoluzione per inadempimento).
Pertanto, mancando la eadem ratio, non è consentito all'interprete il ricorso all'interpretazione analogica.

24 aprile 2014

Trib. Bologna Sez. II, 01/04/2014

Va messa in discussione la tradizionale distinzione tra leasing traslativo e leasing finanziario, in favore di un'unica tipologia del contratto di leasing, avente funzione prevalentemente finanziaria. 
Ed invero, con il contratto di leasing il concedente acquista il bene su richiesta di un'impresa e lo pone a disposizione di quest'ultima per un periodo di tempo limitato verso il pagamento di un canone destinato a remunerare il capitale impiegato e determinato indipendentemente dal perdurare dell'utilità economica del bene locato: l'interesse del concedente va dunque valutato esclusivamente in rapporto al piano finanziario, mentre l'eventuale valore residuo dei beni locati rileva solo ai fini dell'esercizio del diritto di opzione da parte dell'utilizzatore, e la causa del pagamento dei canoni della locazione va ravvisata nel rimborso del finanziamento erogato dal concedente per l'acquisto del bene richiesto dall'utilizzatore; né il canone può essere considerato come corrispettivo dell'acquisto del bene, in quanto per il diritto d'opzione è previsto - non a caso - uno specifico e distinto compenso.
Una simile opinione ha trovato riscontro, sul piano normativo, nella nuova disciplina del contratto di leasing introdotta contenuta negli artt. 72, 72 quater e 73 L.F. riformata che, nel disciplinare il contratto di leasing come rapporto giuridico pendente al momento del fallimento, spiega rilevanza anche sul piano sostanziale, in quanto il legislatore dimostra di avere abbandonato la tradizionale distinzione tra le due figure di leasing traslativo e di godimento (così anche Cass. 4862/2010), riconducendo a unità tale tipo di contratto, costruendo il contratto di leasing come figura di contratto di durata che ha come unica causa il finanziamento (come dimostra il meccanismo dell'art. 72quater, che consente alla società di leasing il recupero di tutto il capitale impiegato, oltre che di trattenere per intero tutti i canoni riscossi, interessi compresi).

27 marzo 2014

Cass. civ. Sez. III, Sent., 27/03/2014, n. 7212

"Ricorre la figura del leasing di godimento, pattuito con funzione di finanziamento, rispetto a beni non idonei a conservare un apprezzabile valore residuale alla scadenza del rapporto e a fronte di canoni che configurano esclusivamente il corrispettivo dell'uso dei beni stessi; è invece configurabile il leasing traslativo allorchè, la pattuizione si riferisce a beni atti a conservare, a quella scadenza, un valore residuo superiore all'importo convenuto per l'opzione ed i canoni hanno la funzione di scontare anche una quota del prezzo di previsione del successivo acquisto; l'accertamento della volontà delle parti trasfusa nelle clausole contrattuali rientra nei poteri del giudice del merito e non è censurabile in sede di legittimità, se non per violazione dei criteri ermeneutici ovvero per vizio di motivazione"

23 settembre 2010

Tribunale Napoli 09 giugno 2010

Fonte: Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2366 - pubb. 21/09/2010

Il contratto di locazione finanziaria cd. di godimento è atipico, non ragguagliabile alla vendita ed alla locazione, è regolato dalle norme generali sui contratti, e quindi, dall’art. 1458, comma 1, codice civile, e, sussistendo una perfetta corrispettività e sinallagmaticità tra le prestazioni delle parti durante lo svolgimento del rapporto, neppure si pone alcun problema di squilibrio in conseguenza del trattenimento di tutti i canoni percepiti da parte del concedente.

4 giugno 2008

Cass. civ. Sez. III, 04/06/2008, n. 14760

"il requisito della forma scritta per la determinazione degli interessi extralegali non postula necessariamente che la convenzione contenga una specifica indicazione del tasso stabilito, ben potendo essere soddisfatto anche "per relationem", attraverso, cioè, il richiamo (per iscritto) a criteri ed elementi estrinseci al documento negoziale, purchè obiettivamente individuabili e funzionali alla concreta determinazione del relativo saggio; detta norma è applicabile alle obbligazioni pecuniarie, e tale non è il corrispettivo che l'utilizzatore deve al concedente nel contratto di leasing. Conseguentemente, pur se la remunerazione del capitale che il concedente ha investito per l'acquisto del bene è un elemento economico che concorre alla determinazione del canone, non assumendo configurazione autonoma da questo e dalla natura sinallagmatica del godimento del bene, non soggiace alla disciplina del precitato art. 1284 cod. civ."