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31 ottobre 2019

Trib. Bergamo, 12/9/19

La legittimità della clausola risolutiva espressa inserita in un contratto di leasing deve essere giudicata assumendo come riferimento la L. n. 124 del 2017, anche se il contratto sia stato risolto prima dell'entrata in vigore di quest'ultima, in applicazione della c.d. interpretazione storico-evolutiva. In particolare, una clausola risolutiva coerente con lo schema "canoni scaduti + canoni a scadere - bene" è conforme alla disposizione dell'art. 1 comma 138 della L. n. 124 del 2017: la mancanza, nel testo contrattuale, del riferimento alla necessità che la riallocazione del bene sia effettuata a valori di mercato non può infatti reputarsi una differenza rilevante, considerato che tale requisito va comunque ritenuto sussistente alla luce del parametro della buona fede contrattuale ex art. 1375 c.c.

19 ottobre 2015

Cass. Civ. S.U., 26/05/2015 - 05/10/2015, n. 19785

"Leasing e vizi del bene: sui rimedi esperibili dall'utilizzatore, e sulla clausola generale di buona fede che impone alla società di leasing di agire per la risoluzione del contratto di fornitura o per la riduzione del prezzo di compravendita"

1 aprile 2005

Leasing finanziario ed esecuzione di buona fede

Si segnala la pubblicazione su Altalex in data 1/4/05 del commento a Cass., sez. III, 5 luglio 2004, n. 12279, a firma di Emanuele Guerrieri Ciaceri.
Nel caso affrontato dalla Suprema Corte, la consegna del bene era stata soltanto simulata, e l'utilizzatore si era pertanto rifiutato di adempiere al pagamento dei canoni. 
Come osservato dal commentatore "il giudice di legittimità fa notare come il concedente in mancanza di consegna non è obbligato a versare il corrispettivo al fornitore. Il concedente deve cercare di salvaguardare l’interesse dell’utilizzatore all'esatta esecuzione del contratto di leasing, e d’altro canto l’utilizzatore deve cercare di fare salvo l’interesse del concedente ad un’esatta esecuzione del contratto di compravendita. Se la consegna non c’è, l’utilizzatore deve dolersene con il fornitore da lui scelto, mentre il concedente non deve pagare un bene che non sia stato consegnato. Ma se la consegna è stata effettuata, o viene fatta apparire tale, l’utilizzatore non può poi dolersi ‘schizofrenicamente’ della realtà dissimulata, rifiutando la corresponsione dei canoni". 

24 luglio 2004

Cass. civ. Sez. III, 05/07/2004, n. 12279

"l'utilizzatore che accetta di sottoscrivere senza riserve il verbale di consegna, pure a fronte di una consegna incompleta da parte del fornitore (invece di rifiutare la prestazione e far constatare il rifiuto nel relativo verbale), pone il concedente nelle condizioni di dover adempiere la propria obbligazione verso il fornitore, ma poi non gli è consentito di opporre al concedente stesso che la consegna non è stata completa, nè di fondare su ciò il diritto di sospendere il pagamento dei canoni.
In altri termini, l'utilizzatore (che è l'esclusivo detentore del bene) ha il dovere, anche se non sia specificamente pattuito, di dare notizia al concedente (che è il proprietario del bene) dell'avvenuta consegna e delle condizioni nelle quali il bene stesso è stato consegnato, per fare in modo che il concedente possa tempestivamente determinarsi riguardo all'obbligazione di pagamento che ha assunto nei confronti del fornitore. Se l'utilizzatore tali notizie non fornisce al concedente o le fornisce falsamente, non può poi dolersi di una mancata o incompleta consegna e, quindi, pretendere di non effettuare o di sospendere il pagamento dei canoni"