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30 aprile 2019

Cass. civ. Sez. I, 29/3/19, n. 8980

"La L. 124/17 ha tipizzato la locazione finanziaria quale fattispecie negoziale autonoma, distinta dalla vendita con riserva di proprietà, in conformità a tutti i più recenti interventi legislativi in materia ed in particolare alla disciplina prevista dalla L. Fall., art. 72 quater.
Da ciò consegue l'applicabilità alla fattispecie in esame, in via analogica, della disciplina dettata dalla L. Fall., art. 72 quater, in conformità ad un indirizzo interpretativo che, pur disatteso da questa Corte, era stato affermato da larga parte della giurisprudenza di merito.
Tale norma, pur dettata in relazione all'ipotesi in cui lo scioglimento del contratto di leasing derivi da una scelta del curatore e non dall'inadempimento dell'utilizzatore, è del tutto coerente con la fisionomia di tale tipo negoziale e con la particolare disciplina della risoluzione dettata dalla nuova normativa, dovendo ritenersi definitamente superato il ricorso in via analogica alla disciplina recata dall'art. 1526 c.c. 4.10. Non si tratta dunque di attribuire carattere retroattivo (in assenza di norme di diritto transitorio) alla nuova disciplina portata dalla L. n. 124 del 2017, ma di fare concreta applicazione della c.d. interpretazione storico-evolutiva, secondo cui una determinata fattispecie negoziale, per quegli aspetti che non abbiano esaurito i loro effetti, in quanto non siano stati ancora accertati e definiti con statuizione passata in giudicato, non può che essere valutata sulla base dell'ordinamento vigente, posto che l'attività ermeneutica non può dispiegarsi "ora per allora", ma all'attualità".

25 settembre 2017

Cass. civ. Sez. I, Ord., 13/9/17, n. 21213

In caso di scioglimento del contratto di leasing ad opera del curatore fallimentare, il concedente, per i crediti scaduti, insinuandosi al passivo in sede di verifica dei crediti, può soddisfarsi in sede fallimentare, in quanto il credito è sorto anteriormente al concorso e detti crediti andranno pacificamente ammessi, al lordo degli interessi di mora, alla data della dichiarazione di fallimento. Per i canoni a scadere, invece, il creditore ha soltanto diritto alla restituzione del bene, oltre al diritto eventuale (per il quale vi è incertezza sul se verrà ad esistenza e su quale eventualmente sarà il preciso ammontare) di insinuarsi nello stato passivo, in via tardiva, per la differenza fra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato, o meglio la minore somma ricavata rispetto a detto credito dalla nuova allocazione del bene.

19 gennaio 2017

App. Torino, 29/11/16

In caso di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore del contratto di leasing traslativo, ai sensi dell'art. 1526 c.c., al concedente deve essere riconosciuto un equo compenso per l'uso della cosa, il quale non può essere determinato nel mero valore locativo del bene, ma deve tenere conto anche del lucro cessante, ossia dell'utile non conseguito nel corso di tutto il rapporto in dipendenza della risoluzione anticipata dello stesso, il deprezzamento conseguente alla  incommerciabilità del bene come nuovo e il logoramento per l'uso.

29 dicembre 2016

Trib. Treviso, 21/9/16

Fonte: Contratti, 2016, n. 12, p. 1128

Nel caso in cui il curatore del fallimento dell'utilizzatore si sciolga dal contratto di leasing i canoni post fallimento non vanno ammessi al passivo, in quanto con la cessazione dell'utilizzazione del bene viene meno l'esigibilità di tale credito, avendo il concedente esclusivamente diritto alla restituzione immediata del bene ed un diritto di credito eventuale, da esercitarsi mediante successiva insinuazione al passivo, nei limiti in cui dovesse verificarsi una differenza tra il credito vantato alla data del fallimento e la minore somma ricavata dalla allocazione del bene.

1 ottobre 2015

Novità sui contratti di leasing ineseguiti nel fallimento

Segnaliamo un articolo pubblicato su Italia Oggi del 28/9/2015, inerente le novità in materia di contratti pendenti introdotte dal D. Lgs. 83/2015.

Vi si legge che l'articolo 8 del decreto legge 83/2015, ha riscritto in gran parte l'articolo 169-bis l. fall. ora rubricato «contratti pendenti», introducendo diverse novità sul punto.

16 giugno 2015

Cass. civ. Sez. III, 29/04/2015, n. 8687

Nel caso di risoluzione consensuale del contratto di leasing traslativo, si applicano in via analogica le disposizioni fissate dall'art. 1526 cod. civ. Su tale orientamento non riverbera alcun effetto il nuovo art. 72 quater della legge fallimentare: in primo luogo perché nel caso di specie l'art. 72 quater è stato introdotto diciotto anni dopo la stipula del contratto di leasing, e dodici anni dopo la risoluzione di esso, e la norma dunque, a tutto concedere, mai potrebbe incidere su situazioni esauritesi ben prima della sua entrata in vigore.
In secondo luogo perché in ogni caso l'introduzione nell'ordinamento dell'art. 72 quater l. fall., non consente di ritenere superata la tradizionale distinzione tra leasing finanziario e traslativo: pretendere infatti di ricavare dalla legge fallimentare le regole da applicare in caso di risoluzione del contratto di leasing presupporrebbe che la legge non disciplinasse questa fattispecie. In realtà così non è, perché proprio la presenza dell'art. 1526 c.c. (che è norma generale rispetto all'art. 72 quater) rende impensabile il ricorso all'analogia, per mancanza del suo primo presupposto, cioè la lacuna nell'ordinamento. Inoltre, anche ad ammettere che nell'ordinamento vi fosse una lacuna, essa non potrebbe essere colmata con l'applicazione analogica dell'art. 72 quater l. fall.. Tale norma, infatti, non disciplina la risoluzione del contratto di leasing (art. 1453 c.c.), ma il suo scioglimento quale conseguenza del fallimento dell'utilizzatore. La norma fallimentare è dunque destinata a disciplinare una fattispecie concreta del tutto diversa da quella disciplinata dalla norma sostanziale (ovvero la risoluzione per inadempimento).
Pertanto, mancando la eadem ratio, non è consentito all'interprete il ricorso all'interpretazione analogica.

10 febbraio 2015

Trib. Vicenza, 14/11/2014

Fonte: Fallimento, 2015, 2, 236

A seguito dello scioglimento dal contratto di leasing pendente alla data della dichiarazione di fallimento dell'utilizzatore, il curatore ha il dovere di restituire immediatamente il bene al concedente senza attendere il deposito di una domanda di restituzione del bene ai sensi degli artt. 93 ss. l.fall. e senza che, in caso di rigetto di una tale domanda, il bene stesso possa essere acquisito alla procedura (nella specie il giudice delegato, essendo stata la domanda di restituzione respinta, aveva emesso un decreto di acquisizione del bene che è stato dichiarato abnorme a seguito dell' actio nullitatis esperita dal concedente).

24 ottobre 2011

App. Venezia, 01/04/2011

Fonte: Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 6562 - pubb. 03/10/2011

Poiché la dichiarazione di fallimento attua un pignoramento generale dei beni del fallito, le rivendiche dei beni inventariati proposte nei confronti del fallimento hanno la stessa natura e soggiacciono alla stessa disciplina dell'opposizione di terzo all'esecuzione, regolate per l'esecuzione individuale dagli articoli 619 seguenti c.p.c. Di conseguenza, il terzo che rivendichi la proprietà o alto diritto reale sui beni compresi nell'attivo fallimentare deve dimostrare con atto di data certa anteriore al fallimento di aver acquisito in passato la proprietà del bene ed altresì che il bene non era di proprietà del debitore per essere stato a lui affidato per un titolo diverso dalla proprietà o altro diritto reale, trovando applicazione l'articolo 621 c.p.c., che esclude che il terzo opponente possa provare con testimoni il proprio diritto sui beni pignorati nell'azienda o della casa del debitore, consentendo di fornire la prova tramite testimoni solo nel caso in cui l'esercizio del diritto stesso sia resa verosimile dalla professione o dal commercio esercitati dal terzo o dal debitore. Incombe inoltre al rivendicante dimostrare che il possesso del bene al momento del fallimento trova origine nell'allegato titolo diverso da quello di proprietà.

In sede di rivendica nei confronti del fallimento di un bene concesso in leasing, è possibile far ricorso alle presunzioni, in applicazione della deroga al divieto di prova testimoniale prevista dall'art. 621 c.p.c., per dimostrare la persistenza della locazione finanziaria al momento della dichiarazione di fallimento.

24 novembre 2010

App. Venezia, 07/04/2010

Fonte: Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2585 - pubb. 22/11/2010

Ai fini dell'accertamento del diritto della società concedente ad ottenere dal fallimento la restituzione del bene concesso in leasing, il libro dei beni in locazione regolarmente tenuto e vidimato in data anteriore alla dichiarazione di fallimento è idoneo a dimostrare che la consegna del bene all'utilizzatore è avvenuta in data anteriore all'apertura del concorso.

Qualora sia opponibile al fallimento la prova dell'esistenza del rapporto di locazione finanziaria avente ad oggetto determinati beni, deve ritenersi raggiunta anche la prova della proprietà di detti beni in capo alla concedente che nei confronti del fallimento ne chieda la restituzione.

11 aprile 2010

Trib. Vicenza, 29/10/2009

Fonte: Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2066 - pubb. 11/03/2010

Le registrazioni sul P.r.a. relative all'acquisto dell'autoveicolo da parte della società di leasing ed al contestuale affidamento all'utilizzatore in leasing forniscono valida prova, sia pure per fatti equipollenti, della stipulazione del contratto di leasing automobilistico in data coeva alle annotazioni medesime; ove esse siano rimaste immutate fino alla data del fallimento dell'utilizzatore -così da escludere che, medio tempore, lo stato giuridico dell'autoveicolo possa aver subito variazioni- sono opponibili alla massa dei creditori.

18 marzo 2010

Trib. Pordenone, 03/11/2009

Fonte: Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 2076 - pubb. 17/03/2010

Il “credito vantato alla data del fallimento”, di cui al terzo comma dell’art. 72-quater legge fallimentare, è costituito dal credito totale vantato dalla società di leasing alla data del fallimento e quindi non solo dall’eventuale residuo credito in linea capitale rimasto insoddisfatto da quanto ricavato dalla vendita o riallocazione del bene, ma anche dalla remunerazione del capitale impiegato, rappresentato dalla componente interessi inserita nei canoni periodici insoluti fino alla data della dichiarazione del suo fallimento ed in quelli successivi, inclusi gli interessi di mora e quant’altro dovuto in forza del contratto che non costituisca risarcimento del danno. La somma così determinata può essere insinuata nello stato passivo e sottostà alle regole del concorso.

1 marzo 2010

Cass. civ. Sez. I, Sent., 01/03/2010, n. 4862

"il concedente, qualora il curatore opti per lo scioglimento del contratto, non ha alcun diritto alla restituzione dei canoni residui, che l'utilizzatore stesso avrebbe dovuto corrispondere nell'ipotesi di normale svolgimento del rapporto di locazione finanziaria; ha soltanto diritto alla restituzione del bene ed un diritto eventuale (per il quale vi è incertezza sul se verrà ad esistenza e su quale eventualmente ne sarà il preciso ammontare) di insinuarsi nello stato passivo per la differenza fra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato, o meglio la minore somma ricavata rispetto a detto credito dalla nuova allocazione del bene. Pertanto, intervenuto lo scioglimento del contratto, il concedente non ha alcun potere di chiedere l'ammissione al passivo per una somma corrispondente all'importo dei canoni, che l'utilizzatore avrebbe dovuto corrispondere in una situazione di normale svolgimento del contratto, trattandosi di un credito del quale, con la cessazione della utilizzazione del bene concesso il locazione finanziaria, viene meno la esigibilità, subentrando al regolamento contrattuale un diverso assetto degli interessi delle parti regolato direttamente dalla legge, per cui residua al concedente il solo diritto di insinuarsi al passivo in un secondo momento qualora, allocato nuovamente il bene oggetto del contratto di leasing, dovesse verificarsi una differenza a suo favore fra il credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato a seguito della nuova allocazione del bene"

26 ottobre 2009

Qualificazione del contratto di leasing in relazione alla disciplina dell'art. 72 quater L.F.

Segnaliamo un'interessante relazione a firma di Massimo Rodolfo La Torre, svolta al convegno "Il leasing e la riforma fallimentare" (Udine, 2009), e pubblicata in IlCaso.it, II, 26/10/09.
L'Autore, dopo una breve premessa generale sui rapporti giuridici pendenti nel fallimento, analizza le ipotesi concrete di fallimento dell'utilizzatore, con l'eventuale possibilità di subentro nel contratto del Curatore, e di fallimento del concedente. A conclusione dell'intervento viene esaminato come la disciplina dell'art. 72 quater L.F. si riverberi sulla qualificazione giuridica del contratto di locazione finanziaria.

9 ottobre 2006

Nuove riflessioni sull'art. 72 quater L.F.

Segnaliamo uno scritto di Bruno Inzitari pubblicato in IlCaso.it, II, 9/10/06.
L'Autore, affrontando il tema del leasing nella disciplina dei rapporti pendenti della novella fallimentare, approfondisce alcune soluzioni in relazione alla possibilità di ripetizione dei canoni corrisposti dall'utilizzatore poi fallito.